Dipendenze e desiderio

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Quando si parla di dipendenze e desiderio, si utilizza il termine inglese ‘craving’ dal significato specifico (smania, desiderio patologico).  Si traduce in desiderio improvviso e incontrollabile di assumere una sostanza psicoattiva (alcol, droga), un alimento particolare o assumere un comportamento. 

Esistono dipendenze da sostanza chimica o da stimoli non chimici (dipendenze comportamentali): tali condizioni interessano, comunque sia, il metabolismo e la biochimica di alcune zone del sistema nervoso centrale.

Il legame tra dipendenze e desiderio rivela la natura umana. La dipendenza, al contrario di quanto si possa credere, ruota sempre attorno al piacere, alla voglia, non alla sofferenza e al dolore. L’essere umano è più in grado di gestire il dolore piuttosto che il piacere. In altri termini, il nostro cervello è più preparato a resistere al dolore piuttosto che a gestire il desiderio, la voglia di piacere. 

Attraverso un particolare meccanismo analgesico naturale, in casi di estremo pericolo capita di non sentire il dolore delle ferite se le circostanze ci impongono di fuggire o lottare. Al contrario, il sistema che ci consente di distaccarci da un legame di piacere o di contenerlo risulta essere più debole, meno efficiente. Probabilmente, succede perché l’essere umano per natura è spinto a volere e non deve soffrire per continuare a desiderare.

Con l’utilizzo di droghe avviene la rottura della capacità di gestire il piacere. Questo succede anche nelle relazioni tossiche che promuovono un cambiamento interno repentino fino alla rottura di questa capacità. Nella dipendenza il controllo del desiderio va in tilt.

Dipendenze e desiderio fuori controllo: come funziona il ‘craving’

La dipendenza non si innesca soltanto perché una sostanza o un cibo sono gradevoli e danno piacere. Lo stimolo non si limita ad essere gradevole, fa qualcosa di diverso: si rinforza da sé aumentando la possibilità che il soggetto lo cerchi di nuovo, lo desideri ancora. Il desiderio non è associato tanto all’effetto prodotto dallo stimolo quanto al fatto di avere quel desiderio e poterlo consumare. Non si tratta di un modo di desiderare ordinario, della classica cosa gradevole che desideriamo ripetutamente. Nel craving, il desiderio patologico passa attraverso il ricordo del piacere provato. 

Nella dipendenza esiste una via indipendente che agisce anche al di là del piacere provato dal soggetto. Continua a crescere anche quando si azzera, si riduce o si altera il piacere provato. La voglia di ripetere lo stimolo aumenta anche quando il soggetto dipendente cerca di evitarlo, di escluderlo dalla propria vita perché prende coscienza del fatto che lo stimolo è ormai diventato pericoloso, dannoso, problematico.

Il soggetto dipendente si ritrova a sperimentare una dissociazione: da una parte, il piacere, dall’altra, il volere. La persona cerca il piacere prendendo la direzione in cui lo porta la voglia: lo cerca pensando di trovarlo da uno stimolo a cui è legata seppure, razionalmente, sappia che non è così, che anche altrove, con altri stimoli, può raggiungere il piacere.

Si ha una dipendenza per desiderio patologico quando il piacere non va più di pari passo con la voglia. La voglia diventa craving, desiderio fuori controllo: procede da sola, va per i fatti suoi in una certa direzione. Il desiderio non risponde più al piacere, non lo evoca e non svanisce in assenza di piacere.

Quando il desiderio non si controlla più e non è legato né si regola in base al piacere, non può che portare sofferenza e vuoto.

Terapie anti-craving: agire sulla voglia parassita

Il soggetto che dipende dalla droga o dal comportamento, non manifesta una carenza ma un eccesso: la ricaduta nella dipendenza si può paragonare ad un motore che si surriscalda e che spinge il soggetto verso la droga (o comportamento o relazione..), non ad un motore che si spegne e lo fa ricadere nel vizio. Nelle ricadute risulta generalmente impossibile frenare la voglia.

Riguardo alle cure per le dipendenze, bisogna sfatare due falsi miti:

  • Eliminare una sofferenza di fondo per consentire al soggetto di liberarsi dalla dipendenza;
  • Riprodurre un effetto sostitutivo usando una sostanza diversa ma simile per distogliere il soggetto dalla dipendenza dirottandolo, comunque sia, su uno stato mentale alterato.

Non è così, in entrambi i casi non funziona.

Le terapie più ‘rodate’ della dipendenza da metadone, oppiacei e buprenorfina non danno piacere e non distolgono il soggetto dall’eroina. Puntano a ridurre la voglia diretta all’eroina passando dal desiderio patologico a quello normale per restituire al soggetto la libertà di scegliere di non drogarsi. 

Si tratta di terapie che richiedono specifiche dosi ed una certa durata prima che il cervello possa rispondere al trattamento. Le dosi utilizzate servono ad uno scopo preciso: impedire che la droga (lo stimolo) mantenga la voglia di se stessa, spegnere la voglia che si mantiene da sé attirando la persona dipendente verso di essa. Queste terapie si chiamano terapie anti-craving, non terapie sostitutive come vengono impropriamente definite.

Un altro falso mito, la disintossicazione, non influisce sulla voglia (né quella spontanea né quella che torna con l’uso della sostanza stupefacente). Un soggetto dipendente, una volta disintossicato, sentirà maggiormente l’effetto della sostanza in quanto non più assuefatto: la voglia che scatta viene amplificata, resta viva. Si vede anche negli innumerevoli tentativi fatti da fumatori per smettere di fumare.

I soggetti trattati con il naltrexone (sostanza che blocca gli effetti dell’eroina) il più delle volte smettono di assumerlo oppure tentano di forzare il blocco assumendo dosi elevate di eroina tanto da rischiare l’overdose.

Dipendenze e desiderio patologico: il recupero del libero arbitrio

La dipendenza va trattata considerando l’effetto delle droghe su una specifica porzione del cervello. In termini di piacere, il soggetto dipendente dalla droga investe molto più di quanto riceve tanto da perdere la capacità di procurarsi piacere in modo concreto.

La distorsione del desiderio indotta dalle droghe è una voglia parassita che si sviluppa sullo stesso sistema che, di solito, permette alle persone di passare da un piacere all’altro, di sperimentare cose nuove. Il soggetto assediato e cristallizzato verso un unica fonte idealizzata di piacere resta incatenato nelle maglie della voglia che gli toglie ogni potere liberato forze inconsce che la persona con la propria volontà non è in grado di gestire. Lo stesso meccanismo avviene nelle dipendenze nelle relazioni e altre.

La dipendenza disattiva il libero arbitrio. Le cure disponibili consentono di restituire al soggetto il libero arbitrio per, poi, seguire una fase preventiva finalizzata alla ricostruzione dei rapporti con nuovi stimoli o stimoli persi di vista. L’obiettivo è rafforzare la parte del cervello coinvolta dalla dipendenza. Riequilibrare le forze personali mettendo argini alle spinte inconsce al fine di dare spazio di azione alla propria volontà che altrimenti viene totalmente annientata e invalidata dalla troppa energia della voglia parassita.

 

Marijana Jufer

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