Come si impara ad amare

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Spesso, non essere in grado di amare è un blocco dovuto alla paura, all’idea che sia un sentimento troppo grande e difficile da gestire. Ci si sente inadeguati, si rinuncia alla vita negandosi perfino l’interesse a scoprire di cosa si tratta, ad esplorare il mondo. Le giustificazioni possono essere diverse: vergogna, timidezza, insicurezza, diffidenza, chiusura, rigidità. L’effetto è lo stesso: un comportamento evitante, che rinuncia al coraggio e alla curiosità, che impedisce un’opportunità di crescita. Fare esperienza dello stare in una relazione accogliente e soddisfacente è essenziale per scoprire come si impara ad amare: serve a formulare domande che consentono di aprire porte.

Quando diciamo di non saper amare ci raccontiamo bugie: con il lavoro analitico si aiuta il soggetto a riconoscere i propri blocchi (inibizioni), a prendere coscienza scegliendo come affrontarli, a riconoscere quali bisogni si nascondono dietro le bugie che ci raccontiamo. Avviene un cambiamento nel momento in cui si decide di riscrivere il copione della propria vita.

Per essere spinti a conoscere qualsiasi cosa, dobbiamo definirla. Cos’è l’amore? L’amore è un sentimento o, meglio, quello che racchiude tutti i sentimenti in grado di dare un significato autentico a gesti e parole. Bisogna saper riconoscere tutti questi sentimenti, nominarli e differenziarli. L’amore si può imparare? Sì.

Imparare ad amare significa imparare ad instaurare relazioni sane, relazioni di partnerschip soddisfacenti ed è un traguardo assolutamente raggiungibile.

Come si impara ad amare: analisi del transfert 

Prima di descrivere l’interazione tra analista e visitatore, spieghiamo brevemente cosa si intende per transfert.

Sigmund Freud ha coniato il termine transfert per indicare l’attribuzione ad un’altra persona di sentimenti e atteggiamenti legati a figure infantili importanti e significative. Questa proiezione di immagini interiori viene usata dallo psicoterapeuta per sviluppare e portare a termine il processo di guarigione.

Freud ha descritto il transfert come una forma di innamoramento nella relazione tra analista e visitatore (indipendentemente da età e sesso dello specialista) che attiva emozioni di affetto, stima, tenerezza ma anche gelosia, pretesa di esclusività, competitività, aggressività, invidia, vendetta. Succede indipendentemente da età e sesso dello specialista, anche quando mantiene un comportamento distaccato, riservato, professionale.

Transfert del paziente e controtransfert dell’analista

L’analista è coinvolto in questo gioco emotivo: innesca il cosiddetto controtransfert come reazione emotiva/affettiva al transfert del paziente.

E’ una forma d’amore da gestire con attenzione: mentre emerge nel paziente l’amore difficile vissuto nell’infanzia, lo psicanalista può rischiare di lasciar emergere il proprio vissuto. L’analista dovrà mantenersi “distaccato” (esserne consapevole) sia dal transfert sia dal controtransfert per dar modo all’analizzato di liberarsi dalla dipendenza del conflitto infantile irrisolto. 

Il paziente proietta sull’analista un complesso di Edipo o Elettra non risolto, un contenuto inconscio rimosso legato ad un amore/sessualità infantile negativi e mal vissuti. Nel corso delle sessioni, tale contenuto rimosso e inaccettabile dovrà riaffiorare nella coscienza manifestandosi con un forte carico di sofferenza e libido. Il transfert viene riproposto, ricordato nel presente e rivissuto.

La proiezione negativa del non-amore: coazione a ripetere esperienze infantili

Che si tratti di transfert positivo (l’infantile aspettativa di essere amato che causa, in seguito, delusione) o negativo (odio, ostilità), è presente nel paziente il dolore per aver vissuto il non-amore e la difficoltà nel relazionarsi con il genitore. Il soggetto riproduce ciò che ha vissuto nell’infanzia (esperienze che manifesta attraverso simboli e fantasie). Il più delle volte, si tratta di odio/amore, sentimenti e pulsioni conflittuali nei confronti dei genitori o di figure di riferimento significative che, riaffiorando, il paziente rivolge all’analista. La nevrosi emersa nel transfert spinge il soggetto a ripetere costantemente esperienze e atteggiamenti infantili in attesa che il conflitto si risolva (coazione a ripetere).

Il paziente è portato a vedere in ogni nuova persona con cui entra in relazione il potenziale genitore capace di soddisfare i suoi bisogni infantili. E’ spinto a rivivere esperienze passate sperando che si concludano in modo differente, soddisfacente e positivo.

L’imago interiore trasferita sull’analista

La cosiddetta ‘imago’ rappresenta le caratteristiche percepite, desiderate, temute e vissute nell’infanzia dal paziente: può essere materna, paterna, fraterna. Ancor prima di conoscere il comportamento di una persona, inconsciamente questa figura viene proiettata su di essa insieme a desideri, aspettative di amore, odio.

Tale immagine interiore – creata, introiettata e distorta dagli impulsi del soggetto – non rispecchia quella reale e viene trasferita sull’analista.

Per risolvere il conflitto del transfert, occorre allo stesso tempo trovare la soluzione per il conflitto infantile. In sostanza, l’analista deve essere in grado di far rivivere al paziente i propri istinti, facendoli riaffiorare nel ricordo impedendo altri tentativi di rimozione. Il paziente deve prenderne coscienza.

Come si impara ad amare con la psicoanalisi

Nel corso della terapia, l’analista manifesta il suo amore ‘genitoriale’ mediante l’ascolto, la comprensione, l’attenzione sul paziente. Lo guida, lo incoraggia, lo accetta, gli offre il suo aiuto per sottrarlo al buio dell’inconscio e fargli ritrovare la luce della consapevolezza. Tale comportamento rispecchia quello genitoriale che è mancato al bambino.

Da parte sua, il paziente è spinto a ricambiare ma ha difficoltà perché non ha appreso nell’infanzia un modo di amare corretto. Non sa amare, non sa rispondere adeguatamente all’affetto ricevuto dallo psicoterapeuta: tutto ciò che sa offrire in cambio è un amore infantile con i suoi vuoti affettivi, i suoi bisogni irrisolti.

Il non sentirsi amati, la ferita d’amore (complesso Edipico) è alla base di un disagio o di una malattia psichica. Il soggetto ferito dal vuoto d’amore può reagire con comportamenti contrastanti: autostima esagerata o bassa, narcisismo o depressione, personalità autoritaria o borderline.

Spesso, il paziente che trasferisce la sua imago sull’analista potrebbe desiderare un rapporto romantico o fisico con lui ma non è questo il tipo di amore di cui necessita.

Il superamento della paura che elimina la nevrosi

Esiste un elemento chiave per risolvere il transfert, per dare modo al paziente di superare la paura e, di conseguenza, eliminare la nevrosi.

Il rapporto che si instaura tra analista e paziente può essere equiparato a quello tra genitore e figlio o tra maestro spirituale e discepolo. Colma il vuoto dei bisogni e dei conflitti in attesa di essere risolti, la sua fragilità e la sua paura: l’analizzato finisce per diventare dipendente dallo psicoterapeuta. Quest’ultimo dovrà emancipare il paziente da questa dipendenza per insegnargli ad amare.

Imparare ad amare altro non è che sbarazzarsi delle proprie difese, imparare ad essere se stessi affrontando la paura di essere feriti, abbandonati o rifiutati ricambiando con serenità e gioia i sentimenti dell’altro.

Il transfert tra analista e paziente può portare ad un profondo cambiamento, se viene accettato e riconosciuto: può rappresentare l’elemento chiave per la guarigione della ferita d’amore e della nevrosi.

Analizzando il transfert riemergono sentimenti negativi (ostilità, rabbia, ecc.): allo stesso tempo, si libera energia d’amore (libidica) che il soggetto indirizza prima al suo analista, poi al mondo esterno finché non dipenderà più dal suo medico, non ne avrà più bisogno.

Potrebbe accadere di non guarire completamente dalla ferita d’amore ma, una volta superata la paura e la nevrosi, il paziente sarà in grado di prendersene cura e di affrontare le relazioni in modo diverso.

 

Marijana Jufer

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