Disturbo di processazione sensoriale nel bambino autistico

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L´autismo come patologia del legame con l’altro

La nostra connessione con l’ambiente e con il mondo circostante non è qualcosa che ci è dato naturalmente ma è composta da una serie di competenze che sviluppiamo e che vengono acquisite attraverso la mediazione di un’altro, tra noi e l’ambiente. Ci tocca guadagnarci il nostro mondo in quanto non abbiamo un bagaglio istintivo rigido. Nasciamo totalmente dipendenti e questo tempo ci permette, attraverso la mediazione di un’altro essere umano di acquisire le competenze per stare nel nostro ambiente e prenderci il nostro mondo. Tutto il nostro fare e muoverci reciproco, se guardiamo attentamente, è caratterizzato da un muoversi con, per o insieme ad altri.

Quando l´eccitamento (la sensazione sensoriale ed emotiva) è eccessivo i bambini che non hanno i mezzi per poterla placare o non considerano  l´Altro a cui rivolgersi per poter fare scendere la sensazione sensoriale o emotiva eccessiva, reagiscono a livello motorio, verbale. Scaricano in questo modo la tensione percepita. Nella dimensione esistenziale autistica non c’è quel ALTRO che può soddisfarmi o darmi piacere che significa far scendere quel´eccitazione che mi infastidisce o mi fa muovere.

In questo modo il bambino si trova ad essere soddisfatto o a ricevere dall’ altro le cure, le attenzioni e le riposte adeguate ma non gli attribuisce questo “potere”. Non riesce a legare a un’altra persona la propria sensazione di soddisfazione. Manca quel significante che mi fa orientare e conoscere le mie sensazioni interne e l´ambiente. Ad esempio: il neonato che sente la fame e piange o si agita, la mamma risponde al suo bisogno allattandolo e lui così prova piacere e imprime questo nella sua memoria fino ad affinare il tipo di di pianto e di comunicazione del suo bisogno e del suo richiamo di soddisfazione alle madre. Nell´autismo il bambino sente la fame, piange, viene soddisfatto e sente piacere ma non c´é quel legame relazionale e quella ricerca dell’altro, del seno della “Mia mamma” che mi fa sentire al caldo, al sicuro, con la pancia piena, soddisfatto e in pace. Il rilassamento a causa della discesa dell´eccitamento e la soddisfazione ci sono nella sua esperienza corporea ma non c’è l´Altro o è qualsiasi altro indifferentemente. Questo per le mamme è una condizione molto frustrante, specialmente per quelle donne capaci affettivamente. Diventa un esperienza di vita psichicamente devastante e di perdita di sé.

 

Disturbo della processazione sensoriale

Fino a qualche anno fa, il disturbo della processazione sensoriale (DPS) era sconosciuto ai più. I media hanno iniziato a trattare di questo disturbo pubblicando articoli nel 2016.

In passato, il Sensory Processing Disorder (SPD in inglese) veniva identificato e classificato soltanto nei bimbi molto piccoli (fino a 3 anni). Poi, spariva come diagnosi autonoma per ricomparire come criterio diagnostico dell’autismo. Da circa 6 anni a questa parte, l’interesse per questo disturbo ha spinto i ricercatori ad effettuare diversi studi a riguardo.

Il DPS è un tratto comune dell’autismo: i sensi si amplificano, sono troppo acuti, alcuni bambini sono sopraffatti dagli stimoli dei sensi o, al contrario, sentono meno del normale. Si manifesta, quindi, o con eccesso di sensibilità agli stimoli oppure con una certa impermeabilità e insensibilità agli stimoli esterni nonostante gli organi di senso siano normali a livello fisiologico.

Questo disturbo è da considerare semplicemente un criterio diagnostico nell’autismo o un disturbo a se stante? Interessa soltanto l’autismo o colpisce anche bambini con altri disturbi? Cosa dicono gli esperti?

Disturbo di processazione sensoriale nell’autismo: cos’è

Nel 2016, un articolo su Spectrum ha attirato l’interesse per il disturbo di processazione sensoriale nell’autismo trattando la storia particolare di Jack, un bambino autistico dotato di sensi super acuti, affetto da DPS.

Jack è in grado di trovare oggetti smarriti con la sua memoria fotografica, sa riconoscere tra la folla un volto visto una sola volta: la sua vista e il suo udito funzionano oltre la norma ma, a volte, rappresentano un problema. Sopraffatto e frastornato da troppi stimoli visivi e dai rumori per la strada, ad una festa o in un centro commerciale, Jack soffre, non riesce a sopportarlo. Come non riesce a sopportare, ad esempio, il rumore della masticazione degli altri a tavola.

Lo psichiatra austriaco Leo Kanner che, per primo, descrisse l’autismo, notò che numerosi bambini autistici avevano sensi ‘particolari’: chi manifestava ipersensibilità ai rumori o al tatto, chi dimostrava al contrario di essere insensibile al dolore. 

Secondo una certa teoria, lo stesso autismo sarebbe un disturbo sensoriale: le difficoltà di comunicazione e sociali non sarebbero altro che una conseguenza di questo disturbo. Il bimbo autistico, registrando a malapena immagini e suoni del mondo esterno, difficilmente potrà sviluppare abilità di relazione e comunicazione normali. Un bambino sopraffatto da stimoli esterni a causa di sensi super acuti tende ad isolarsi, chiudersi in se stesso. Questa teoria è supportata da indizi ma resta, ad oggi, solo un’ipotesi.

Oltretutto, pare che i bambini autistici abbiano una ridotta capacità di leggere i dati trasmessi dai sensi: ciascuno stimolo sensoriale verrebbe tutte le volte letto come nuovo anziché inquadrato in un precedente schema. Tale meccanismo sarebbe responsabile di una serie di sensazioni inaspettate che, a lungo andare, risulterebbero travolgenti. E’ questo il risultato di uno studio condotto dall’Università di Firenze in collaborazione con Institute of Education di Londra e Fondazione Stella Maris di Pisa.

Il DPS interessa solo l’autismo?

Gli esperti non hanno ancora trovato un accordo sul DPS: c’è chi lo considera un disturbo a sé e chi una serie di anomalie che si manifestano anche in altri disturbi neuropsichiatrici.

Il DPS resta il criterio diagnostico principale per l’autismo ma, se è vero che il 90% di bambini autistici presenta disturbi di processazione sensoriale, è altrettanto vero che molti bambini con questi disturbi non sono affatto autistici.

Nonostante i vari dubbi, nel tentativo di scoprire il meccanismo nel tragitto dai sensi all’elaborazione delle informazioni trasmesse nel cervello, recenti studi sembrano offrire le prime prove secondo cui il DPS può essere un disturbo indipendente. 

A titolo di esempio, ecco i risultati di tre differenti ricerche in merito:

  • I bambini classificati come ‘ipersensibili’ manifestano effettivamente reazioni più forti agli stimoli esterni (suono di una sirena, piuma strofinata sul viso). Queste reazioni sono state misurate con l’applicazione di elettrodi sulla pelle;
  • Sono state riscontrate anomalie nell’interconnessione delle fibre nervose in regioni che partecipano alla processazione degli stimoli sensoriali;
  • Il sistema nervoso parasimpatico dei bambini ipersensibili, ovvero quel sistema che rallenta il respiro e il battito cardiaco, risulterebbe meno attivo rispetto agli altri.

Il DPS non è attualmente riconosciuto nel Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali (DSM-5): viene classificato tra i sintomi dell’autismo anche se gran parte dei bambini con disturbi sensoriali, in realtà, non è autistica (presenta difficoltà di apprendimento, ritardi cognitivi oppure disturbo ossessivo-compulsivo).

I disturbi di elaborazione sensoriale: come si manifestano

Molto spesso, i disturbi di elaborazione sensoriale e di percezione vengono diagnosticati già nella prima infanzia a seguito dell’osservazione da parte dei genitori di comportamenti insoliti dei loro bambini:

  • un’eccessiva reazione a luce, rumori, scarpe e vestiti indossati;
  • scarsa coordinazione;
  • difficoltà a salire le scale;
  • disturbi delle capacità fino-motorie (ad esempio allacciarsi le scarpe o un bottone, tenere in mano una matita).

I bambini possono manifestare anche comportamenti estremi, più preoccupanti, come urlare quando il loro viso viene lavato, piangere quando si tenta di vestirli, provare troppo o troppo poco dolore, inserire in bocca sostanze non commestibili o nocive, urtare contro persone o pareti. 

Questi bambini hanno difficoltà nel collegare le informazioni provenienti dai sensi. Hanno problemi di interazione con il mondo e possono reagire a questo disturbo di processazione sensoriale con un cambio repentino dell’umore, scatti d’ira intensi, prolungati e irrefrenabili, reazione di attacco-fuga (panico neurologico), altri comportamenti insoliti ed eccessivi.

Disturbo di processazione sensoriale: la scoperta di un’ergoterapista

L’individuazione della difficoltà nell’elaborare le informazioni sensoriali si deve alla scoperta di una terapista occupazionale, A. Jean Ayres. Negli anni ’70 del secolo scorso, Ayres sostenne che il cervello di alcuni soggetti non è capace di fare ciò che, per gran parte delle persone, risulta scontato. In pratica, non sono in grado di elaborare tutte le informazioni derivanti dai 7 sensi (non i 5 tradizionali, ma vista, olfatto, udito, gusto, tatto cui si aggiungono la propriocezione e il senso vestibolare) per ottenere un quadro completo di quanto avviene dentro e fuori dal loro corpo.

La propriocezione è la consapevolezza del proprio corpo nello spazio (postura, posizione del corpo rispetto agli altri oggetti), mentre il senso vestibolare indica al cervello la posizione del corpo nello spazio grazie al movimento e alla posizione della testa per assicurare equilibrio e coordinazione.

Se il cervello non è in grado di elaborare le informazioni provenienti dai sensi, arrivano rapidamente segnali contrastanti da più parti: non si riesce a dare un senso unitario a questi segnali.

Le terapiste occupazionali Nancy Peske e Lindsey Biel hanno creato un elenco di segnali che contiene reazioni a input di vario tipo (annusare oggetti non commestibili o camminare scalzi) ed attività che interessano le funzioni grosso e fino-motorie (tenere in mano una matita, usare le forbici, lanciare una palla, ecc.).

L’eccesso di stimoli (ipersensibilità) può portare a pianti disperati e prolungati o resistenza e fuga dagli abbracci, mentre l’iposensibilità (scarsa sensibilità) può portare a comportamenti iperattivi per la costante ricerca di stimoli.

DPS: modello Floortime e integrazione sensoriale di Ayers

Lo studio Inconsonanza offre strategie terapeutiche per i diversi profili sensoriali di bambini con disturbo di processazione sensoriale e le loro famiglie. 

Si parte da una conoscenza del modello DIR/Floortime e della teoria dell’integrazione sensoriale di Jean Ayers per mettere a punto strategie d’intervento basate su test di valutazione d’integrazione sensoriale (COMPS, SIPT, DeGangi Berk).

Concludiamo ricordando il pensiero di Jean Ayres riguardo all’integrazione sensoriale.

Ayres sosteneva che “il bambino con disturbo di integrazione sensoriale è cosciente di essere diverso e tende a crescere considerandosi stupido o cattivo senza il giusto supporto”. Pensa di essere cattivo o stupido e rischia di convincersi di questo, soprattutto quando sono altri bambini a dirglielo. 

Non basta rassicurarlo a parole che non è né cattivo né stupido. Semplici pensieri e parole non bastano ad organizzare il cervello. Al contrario, le sensazioni, le risposte adattative, la mediazione, l´affettività e la terapia del ‘fare’ possono aiutare molto il bambino con DPS anche a sviluppare autostima.

 

 

Marijana Jufer

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Bibliografia

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