“Il bambino è un fenomeno che non può essere isolato. Inizialmente, vive in un mondo soggettivo, pervaso da un senso di onnipotenza seppure la sua vita sia strettamente dipendente dalla figura materna”. Un bimbo “non può esistere da solo, è essenzialmente parte di un rapporto”. Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista, ha descritto l’importanza dell’ambiente affettivo primario per il bambino introducendo concetti nuovi ed originali. Ha spiegato in che modo i bambini hanno bisogno della madre.
Nei primi anni di vita, il legame fondamentale madre-figlio è assoluto. In seguito, attraverso un processo graduale e delicato, il bambino diventa un Sé separato, autonomo.
Secondo Winnicott, pur non potendo negare processi maturativi innati, bisogna ammettere che questi processi prendono forma esclusivamente in un quadro di dipendenza dall’ambiente. La tendenza innata all’indipendenza da sola non basta. Lo sviluppo è possibile con una madre sufficientemente buona che attraverso il sostegno (holding), le cure corporee (handling) e la capacità di fornire al bambino l’oggetto al momento giusto, sia in grado di permettere gradualmente al bambino di separarsi, integrarsi, vivere in rapporto agli oggetti e diventare indipendente.
La dipendenza è un concetto centrale nel pensiero di Donald Winnicott. Si suddivide in:
– dipendenza assoluta dalle cure della madre su cui non ha alcun controllo;
– dipendenza relativa, quando il bambino diventa consapevole del bisogno delle cure materne collegandole ad un impulso personale;
– indipendenza, fase in cui il bambino è in grado di fare a meno della madre attraverso i ricordi delle cure materne.
L’importanza dell’ambiente affettivo primario per il bambino: le teorie introdotte da Donald Winnicott
Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista britannico, è passato alla storia come uno dei pionieri legati alla scuola delle relazioni oggettuali.
Osservò a lungo l’interazione dei bambini con la madre fino ad elaborare teorie originali sullo sviluppo emotivo e psicologico del bambino.
Le teorie introdotte da Donald Winnicott sono:
– la funzione di holding;
– lo spazio transizionale;
– l’oggetto transizionale;
– la madre sufficientemente buona;
– il falso Sé.
La funzione di holding: il sostegno della madre
Uno dei principi basilari di Donald Winnicott è la funzione di holding (sostegno) della madre che funge da contenitore delle angosce del figlio.
Una madre sufficientemente buona sa per istinto quando è il momento di dare amore al bambino e quando è giusto mettersi da parte se il bimbo non ha bisogno di lei.
Con questo tipo di ‘sostegno’ della madre buona, il bambino sperimenta la cosiddetta onnipotenza soggettiva: con i suoi desideri sente di poter creare ogni cosa, di avere tutto sotto controllo. E’ un’esperienza essenziale per il sano sviluppo del bambino.
Lo spazio transizionale del bambino
Col passare del tempo, il bambino dovrà abbandonare l’onnipotenza soggettiva lasciando il posto ad una visione dello spazio oggettivo condiviso in cui la madre esiste a prescindere dalla sua volontà edonistica ed egoistica. Tra la visione edonistica e quella oggettiva, esiste lo spazio transizionale, percepito oggettivamente e creato soggettivamente. Questo spazio gli permetterà di accedere alla realtà oggettiva condivisa senza subire traumi e potendo conservare il senso di onnipotenza soggettiva con cui esprimere passione ed originalità.
Lo spazio transizionale è una specie di luogo psichico dove giocare in modo creativo. Winnicott assimila l’esperienza culturale umana a quella transizionale.
Questo spazio non rappresenta soltanto una fase evolutiva dello sviluppo psichico: è uno spazio che collega individuo e ambiente, in cui prendono forma i processi mentali creativi anche negli anni successivi, che permette di dare un senso personale alla propria vita ed al mondo.
L’oggetto transizionale: lo spazio di mezzo tra il Sé e il non-Sé
L’oggetto transizionale è l’elemento più importante presente all’interno dello spazio transizionale. Di solito, si tratta di un oggetto con cui si entra in contatto a livello tattile-pressorio (giocattolo, peluche, coperta) che il bimbo assimila come ‘non-me’ e che lo aiuta nello sviluppo psichico. Se, da una parte, rappresenta l’unione con la madre, dall’altra, consente al bambino di distaccarsene rendendosi autonomo da lei.
In questo spazio di transizione, di passaggio dalla fase di onnipotenza soggettiva a quella di realtà oggettiva condivisa, la madre non è creata soggettivamente dal bambino e non è neanche esistente a livello oggettivo.
Il bambino non percepisce l’oggetto transizionale come appartenente alla realtà oggettiva: si trova in uno spazio di mezzo posto tra il Sé e il non-Sé.
Il concetto di madre sufficientemente buona
Con il termine di ‘madre sufficientemente buona‘, Donald Winnicott intende una madre che istintivamente possiede la ‘preoccupazione materna primaria’ con cui è in grado di accudire il piccolo. Sa quando offrire al suo bambino le cure adeguate e quando fornirgli/presentargli il mondo attraverso oggetti, consentendogli di sperimentare l’onnipotenza soggettiva. Sa anche quando fargli provare lievi frustrazioni per assecondare il suo sviluppo senza traumi o intoppi.
Al contrario, la madre non sufficientemente buona, di solito affetta da psicopatologie depressive o simili, cura il bambino in modo meccanico, senza creatività e senza adattarsi a lui. Il bambino dovrà essere accondiscendente (dovrà essere lui ad adattarsi alla madre) e non sperimenterà l’onnipotenza soggettiva. La sua creatività nascente potrebbe essere distrutta e si svilupperà nel piccolo un falso Sé o doppio legame.
Il falso Sé conseguente al rapporto primario madre-bambino insoddisfacente
Winnicott ha individuato il falso Sé conseguente al rapporto primario madre-bambino insoddisfacente.
Il falso Sé non costituisce una psicopatologia: piuttosto è assenza di creatività e di vero Sé dovuto a carenze nelle cure materne. La madre non ha risposto ai bisogni del bambino in modo soddisfacente non a livello di bisogni fisiologici ma di crescita, onnipotenza soggettiva che, nel tempo, si trasforma in esperienza transizionale e, infine, in realtà condivisa. La madre non sufficientemente buona tarpa le ali del bambino impedendo l’onnipotenza soggettiva e, di conseguenza, la crescita del vero Sé nel figlio. Di conseguenza, si forma nel soggetto il falso Sé accondiscendente, privo di energia, non creativo, che prova un senso di inutilità soggettiva.
In un clima di carenza ambientale, specie nella fase di dipendenza assoluta, il bambino sviluppa un falso Sé compiacente, adattativo, che cresce ad immagine e somiglianza di chi domina la scena non consentendo al suo vero Sé di emergere formando una persona vera e intera.
E’ il normale superamento dell’onnipotenza soggettiva a creare il vero Sé, la fonte di energia da cui si sviluppa il nucleo della personalità.
Marijana Jufer
Ergoterapista e Case Manager
Mi occupo di famiglie, bambini e adulti.