Perché le persone ti svalutano?

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Il più delle volte, essere svalutati (e permettere agli altri di farsi sminuire) è l’effetto di ciò che abbiamo vissuto da bambini. Nasce dal sentirsi incompresi, perennemente additati, deprezzati, non riconosciuti, essere rimproverati per gli errori commessi e mai essere elogiati per le proprie virtù.

Perché le persone ti svalutano?

I figli (bambini o adolescenti) hanno un estremo bisogno di essere capiti e riconosciuti, di poter contare sulla complicità dei genitori, di apprendere affidandosi ad insegnanti in grado di applicare strategie educative equilibrate. I bambini, in particolare, devono poter contare sugli adulti di riferimento, anche e soprattutto quando commettono errori oppure quando non si accettano o non raggiungono subito i risultati sperati.

A lungo andare, ripetere frasi come “Non ne combini mai una giusta”, “Non ce la farai mai” e fare confronti con gli altri in senso spregiativo (magari con ironia e sarcasmo, banalizzando i suoi problemi) rappresentano comportamenti che incidono notevolmente sulla crescita del bambino. Possono ferire la sua autostima fino a convincerlo che è stupido, non vale nulla, non ha speranze.

Educare il bambino è un compito delicato, una missione; poco c’entra con strategie negative come l’offesa o l’umiliazione. Essere svalutato può incidere molto sulle relazioni e sulla considerazione di sé; può soffocare le sue potenzialità, bloccare le sue risorse. 

Perché le persone ti svalutano: il comportamento compensatorio

E’ importante chiedersi perché le persone svalutano: non bisogna sentirsi colpevoli a priori di ciò che afferma chi è spinto a giudicare e sminuire. E’ importante perché sapere di essere apprezzati in famiglia, a scuola e nella società rafforza inevitabilmente l’immagine che abbiamo di noi stessi. Se tutto questo viene a mancare l’autostima si riduce.

Spesso, sono proprio i soggetti insicuri e con bassa autostima (a loro volta, svalutati da bambini) che reagiscono cercando di sminuire gli altri. Attaccano gli altri in quanto solo se ciò che fa loro paura diventa più piccolo la loro autostima è in grado di espandersi. Tentano di vincere la loro insicurezza prevaricando sugli altri: è un comportamento compensatorio.

Critica svalutativa: cos’è

Nella strategia educativa è importante correggere gli errori senza, però, minare l’autostima inducendo il bambino a sentirsi sminuito, svalutato, inadeguato.

Quando la critica diventa insistente e giudicante senza bilanciare il giudizio degli errori con l’apprezzamento delle potenzialità di chi viene additato, si parla di critica svalutativa, patologica, finalizzata al confronto costante con gli altri, alla programmazione di livelli di perfezione irraggiungibili o inadeguati. 

Concentrarsi soltanto sui fallimenti e dimenticare o non considerare le capacità del ‘giudicato’ non fa parte di una strategia educativa corretta né, più in generale, di un atteggiamento rispettoso ed equilibrato di una persona. A forza di criticare in senso svalutativo, il bambino o l’adulto potrebbe finire col crederci sentendosi inadeguato, ‘sbagliato’, confuso, disorientato. Al contrario, la critica positiva e costruttiva (che comprende sia errori sia meriti) ha il grande obiettivo di migliorare le caratteristiche del bambino così come l’autocritica. E’ utile, necessaria perché permette di crescere, a differenza della critica svalutativa e distruttiva che impedisce di migliorarsi.

Dalla critica all’autocritica svalutativa

La domanda “Perché si perde l’autostima?” è strettamente legata ad un’altra domanda: “Perché le persone ti svalutano?”. L’autocritica svalutativa si forma a partire dall’infanzia a causa delle relazioni con genitori e altri adulti di riferimento i quali pretendono che il bambino si adegui alle loro richieste. Se non lo fa, la loro disapprovazione e non accettazione spinge il bimbo a sentirsi sbagliato, cattivo, stupido.

Un bambino non può concepire l’idea che i suoi genitori non lo amino per ciò che è: pur di scacciare la sensazione di non sentirsi amato, è disposto a fare qualsiasi cosa, anche convincersi di essere sbagliato, colpevole, inadeguato.

Da adulto, quel messaggio negativo trasmesso da genitori e insegnanti lo porterà ad essere severamente autocritico, ad avere una bassa autostima riguardo al proprio valore ed al proprio comportamento. Dovrà vedersela con una voce interiore che trasmette messaggi di automortificazione, considerazioni negative/punitive su di sé. La critica svalutativa si trasforma in autocritica svalutativa che può essere responsabile di ansia e depressione.

Per uscire da questa trappola, è fondamentale mettersi in discussione, giungere alla consapevolezza, individuare e contestare le critiche svalutative, imparare a pensare e valutare in modo realistico ed oggettivo fino a liberarsi dai condizionamenti.

La critica deve rappresentare un nostro alleato: non dobbiamo permettere che si trasformi in un blocco emotivo che impedisca la nostra realizzazione.

Perché le persone ti svalutano? La verità raccontata in una fiaba

Una corretta strategia educativa non deve basarsi esclusivamente sulle critiche svalutative: evidenziare solo sbagli ed errori del bambino finisce per sminuirlo, non lo educa positivamente. Non fa altro che mortificarlo e bloccare le sue potenzialità e le sue risorse evolutive di apprendimento.

Una buona lezione sulle critiche svalutative ci viene offerta dalla fiaba della principessa che si sentiva sempre stupida, una favola con protagonisti Apollonia e Desiderio (due principi dal cui matrimonio nacque Splendore).

I due principi crescono educati da genitori e maestri che evidenziano soltanto gli errori: non hanno modo di imparare a riconoscere le cose giuste che fanno ma solo quelle sbagliate, tanto da svalutarsi e sentirsi sempre degli inetti, persone stupide. Nel Paese della Perfezione esistevano soltanto specchi giudicanti (collocati ovunque) che controllavano gli errori per mantenere l’ordine secondo le regole. La loro figlia Splendore crebbe pensando che non sarebbe mai riuscita a fare ciò che le regole della perfezione imponevano attraverso gli specchi. Pensava di sbagliare tutto, che fosse stupida, non in grado di riconoscere (e, quindi, sviluppare) le cose buone che faceva. Ormai non aveva neanche più bisogno di sentirsi dire dagli altri che sbagliava: le bastava porsi davanti agli specchi per dire a se stessa che sbagliava sempre. 

A lungo andare, si sentiva sempre più triste e sola, infelice. Arrivò al punto che non aveva più voglia di mangiare, dormire, giocare con gli altri bambini. Un giorno, Apollonia e Desiderio si accorsero che Splendore stava piangendo davanti allo specchio giudicante e vollero fare qualcosa per lei, per aiutarla ad essere felice. I due genitori ricordarono l’infelicità da loro stessi provata davanti agli specchi e pensarono che non fossero una buona compagnia, che quegli specchi causavano dolore e complicavano la vita. Decisero di ridurre il numero di specchi nel Castello e di collocare soltanto specchi normali, utili per capire piuttosto che per giudicare. Togliere gli specchi giudicanti fece tornare il sorriso e la voglia di vivere non solo a Splendore ma anche ai suoi genitori. Ora la bimba era in grado di riconoscere le cose buone che faceva, di usarle e svilupparle per crescere.

Critiche svalutative: riflessioni sulla fiaba

La favola di Apollonia e Desiderio fa riflettere sul fatto che il genitore o l’insegnante cresciuto con educatori che da bambino gli sottolineavano solo gli errori fatti sarà spinto, a sua volta, inconsapevolmente a fare lo stesso con il bambino da educare. Frustrazione e gratificazione dovrebbero essere distribuite equamente: usare solo l’una o l’altra può essere dannoso a livello educativo. La critica svalutativa a scuola e nell’ambiente familiare produce più danni che vantaggi, specie se viene usata come meccanismo dominante.

Spesso, genitori ed insegnanti corrono il rischio di giudicare laddove sarebbe più utile tentare di capire.

Ogni bambino ha i suoi modi e tempi di apprendimento: avere grandi aspettative sui figli e pressarli per spingerli ad ottenere risultati brillanti è un grande stress per i bambini. Un bambino stressato e coinvolto a livello emotivo in questo senso avrà ben poche risorse da sfruttare per raggiungere risultati che potrebbe ottenere in un clima di apprendimento sereno. 

Un bambino che viene additato solo per i suoi errori, assillato affinché diventi perfetto si sente disorientato, prova ansia nel tentativo di dover raggiungere il traguardo come un cavallino pazzo e perde buona parte del piacere di imparare. Imparare diventa per lui un’esperienza strettamente legata alla frustrazione di non essere mai all’altezza della situazione, tanto che rinuncia a raggiungere quel traguardo; il bambino svalutato non ci prova neanche perché pensa che non ci riuscirà mai. Si sente intrappolato, arrabbiato, mortificato dagli adulti, tanto che col tempo è spinto a stimolare all’esterno quel tipo di mortificazione in altre relazioni. 

Ergoterapia: ristabilire l’equilibrio nella strategia educativa

Genitori ed insegnanti spesso vedono solo la superficie di quello che, in realtà, sta succedendo nel bambino: evidenziano ciò che può fare e che non fa come se fosse solo una questione di buona volontà. Nessuno si preoccupa della sua lotta interiore, della sua tristezza e mancanza di autostima, della sua infelicità. 

Studi e ripetizioni si alternano e non risolvono il problema, che risiede nel piacere di vivere ed imparare sfruttando le proprie risorse in modo diverso. Nelle scuole come in famiglia, non bisogna insistere sul concetto di ‘bambino ideale’: è necessario accogliere il bambino così com’è, da una parte correggendo eventuali errori senza farglieli pesare, dall’altra valorizzando le sue risorse (senza dimenticare di dire ‘sono orgoglioso di te’) per consentirgli di usarle nel modo giusto recuperando autostima e autoefficacia.

I nostri servizi (Ergoterapia e consulenza di accompagnamento e riorientamento) intervengono in tale contesto offrendo percorsi validi per ristabilire l’equilibrio nella strategia educativa: si rivolge tanto ai bambini quanto agli adulti.

Spesso sono i genitori a doversi mettere in gioco e iniziare un percorso di riorientamento per riconoscere quei vissuti che paradossalmente vedono sta vivendo loro figlio/a e che si è tentato di evitare, conoscendone la sofferenza. Proprio per questo occorre fare esperienza di una costruzione di relazioni affettive, stabili e sane. Attraverso la mediazione relazionale, il profilo neurosensoriale si impara a conoscere se stessi e i propri figli al fine di poter così rispettare il sentire e le diversità di ognuno creando un ambiente accogliente, affettivo, sicuro che permette di avere accesso al proprio potenziale al fine di poter imparare e crescere o vivere serenamente. 

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